curiosità · poesia

In giro per la romagna

La Romagna è una bellissima terra, non solo mare…e per quest’anno ho deciso di alternare giornate in spiaggia , con qualche visita all’entroterra 

Qui sono a quindici minuti da casa mia …..

La chiesa di Polenta

NOZIONI STORICHE

La pieve di San Donato in Polenta prende il nome dal centro abitato che la accoglie. La borgata appenninica ospita questo edificio di culto riconosciuto come monumento nazionale per via della sua rilevanza artistica, ma anche grazie alla celebrazione che ne ha fatto Giosuè Carducci nell’ode “La chiesa di Polenta”: poesia in cui viene citata la cordialità con la quale venne ospitato dagli abitanti di Bertinoro, in particolare dalla famiglia Polenta, Dante Alighieri. Francesca da Rimini era infatti la figlia di Guido da Polenta, committente della pieve.

Il primo documento riguardante la chiesa è datato 24 luglio 911, mentre altre citazioni sono ascrivibili sempre al X secolo; nelle epoche successive, nuove testimonianze rendono conto delle vicende correlate al complesso in epoca medievale e moderna. Si suppone che sostanziali stravolgimenti dell’emergenza artistica siano da ricollegarsi agli interventi di restauro, o per meglio dire di ricostruzione, databili al 1705. Infatti, radicali furono le trasformazioni apportate all’architettura primitiva, come ricorda un’epigrafe posta sopra l’ingresso. La cripta, l’abside e la copertura dell’edificio sacro furono demolite e riadattate in una nuova articolazione spaziale consona al gusto del XVIII secolo. Nel 1890 poi si tentò un’effettiva operazione di restauro che destò, per le modifiche in precedenza operate, non pochi problemi, solo capitelli e pochi altri elementi superstiti resero più agevole la ricostituzione della mappatura originale. Infine nel 1898 presero avvio i lavori di ricostruzione della torre campanaria, terminati l’anno successivo. Poco rimase, dunque, della struttura originaria, per tali ragioni la pieve nella sua manifestazione contemporanea richiede una contestualizzazione storica che tenga conto dei sostanziali cambiamenti operati su di essa, anche dalle ricostruzioni.

NOZIONI STORICO-ARTISTICHE

Come per altri edifici della regione l’articolazione della muratura è caratterizzata dall’utilizzo di differenti tipologie di materiali, è, infatti, determinata da una struttura composita che alterna la pietra al mattone. La pieve si presenta oggi con pianta basilicale a tre navate, con tre absidi che risultano di forma cilindrica, e con presbiterio sopraelevato raggiungibile tramite una scala posta al centro della navata. Al di sotto di questa troviamo la cripta a volta articolata su quattro colonne centrali. La navata è cadenzata da archi incorniciati e da una risega retta su pilastri anch’essi cilindrici, mentre i capitelli, tutti diversi tra loro, presentano smussature a forma di cubo. Le ascendenze della cultura longobarda e bizantina, furono probabilmente mantenute nel lessico romanico, è infatti particolarmente significativa in tal senso la decorazione a bassorilievo dei capitelli che s’integra quale componente fondamentale dell’edificio. Tali decorazioni sono caratterizzate da rappresentazioni zoomorfe, fitomorfe e geometriche, anche se una loro puntuale datazione risulta problematica a causa della persistenza di questi stilemi nella cultura artistica locale.

POLENTA - Forlì - Chiesa - Giosuè Carducci - Università Popolare Garibaldi  1913 | eBay La chiesa di Polenta

  • CARTOLINA GIOSUÈ CARDUCCI Ripianta Il Cipresso Presso Polenta (Bertinoro)  1897 EUR 49,50 - PicClick IT
    Agile e solo vien di colle in colle
    Giosuè Carducci e il cipresso di Francesca.
    Poco sopra Bertinoro, in località Conzano (nella frazione Polenta) esiste ancora oggi un cipresso importante per la storia della letteratura italiana.
    È il cosiddetto “Cipresso di Francesca”, perchè pare che proprio qui venisse molte volte Francesca da Polenta, diventata famosa grazie a Dante, che nel Canto V della Divina Commedia parlò di Paolo e Francesca, amanti condannati per lussuria, nonchè i primi dannati a parlare direttamente con il Sommo Poeta.
    Di Francesca ne parla anche un altro famoso poeta, Giosuè Carducci, che nella sua poesia “La Chiesa di Polenta” riporta nei primi versi queste paroleGiosuè Cpresso di Francesca.
    Poco sopra Bertinoro, in località Conzano (nella frazione Polenta) esiste ancora oggi un CARTOLINA GIOSUÈ CARDUCCI RIPIANTA IL CIPRESSO PRESSO POLENTA (BERTINORO)  1897 | eBay

    Agile e solo vien di colle in colle 
    quasi accennando l'ardüo cipresso.
    Forse Francesca temprò qui li ardenti 
    occhi al sorriso? 
    Sta l'erta rupe, e non minaccia : 
    in alto guarda, e ripensa, il barcaiol, torcendo
    l'ala de' remi in fretta dal notturno 
    Adrïa: sopra 
    fuma il comignol del villan, che giallo
    mesce frumento nel fervente rame
    là dove torva I'aquila del vecchio
    Guido covava.
    Ombra d'un fiore è la beltà, su cui
    bianca farfalla poesia volteggia:
    eco di tromba che si perde a valle
    è la potenza.
    Fuga di tempi e barbari silenzi
    vince e dal flutto de le cose emerge
    sola, di luce a' secoli affluenti
    faro, I'idea. 
    Ecco la chiesa. E surse ella che ignoti
    servi morian tra la romana plebe
    quei che fûr poscia i Polentani e Dante
    fecegli eterni.
    Forse qui Dante inginocchiossi? 
    L'alta fronte che Dio mirò da presso chiusa 
    entro le palme, ei lacrimava il suo
    bel San Giovanni;
    e folgorante il sol rompea da' vasti
    boschi su 'I mar. Del profugo a la mente
    ospiti batton lucidi fantasmi
    dal paradiso:
    mentre, dal giro de' brevi archi l'ala
    candida schiusa verso l'orïente, 
    giubila il salmo In exitu cantando
    Israel de Aegypto. 
    Itala gente da le molte vite,
    dove che albeggi la tua notte e un'ombra
    vagoli spersa de' vecchi anni, vedi
    ivi il poeta.
    Ma su' dischiusi tumuli per quelle 
    chiese prostesi in grigio sago i padri,
    sparsi di turpe cenere le chiome
    nere fluenti,
    al bizantino crocefisso, atroce
    ne gli occhi bianchi livida magrezza, 
    chieser mercé de l'alta stirpe e de la
    gloria di Roma.
    Da i capitelli orride forme intruse
    a le memorie di scalpelli argivi,
    sogni efferati e spasimi del bieco
    settentrïone,
    imbestïati degeneramenti
    de l'oriente, al guizzo de la fioca
    lampada, in turpe abbracciamento attorti,
    zolfo ed inferno
    goffi sputavan su la prosternata
    gregge: di dietro al battistero un fulvo
    picciol cornuto diavolo guardava
    e subsannava.
    Fuori stridea per monti e piani il verno
    de la barbarie. Rapido saetta 
    nero vascello, con i venti e un dio
    ch'ulula a poppa,
    fuoco saetta ed il furor d'Odino
    su le arridenti di due mari a specchio
    moli e cittadi a Enogiseo le braccia
    bianche porgenti.
    Ahi, ahi ! Procella d'ispide polledre
    àvare ed unne e cavalier tremendi
    sfilano: dietro spigolando allegra 
    ride la morte.
    Gesú, Gesú! Spalancano la tetra
    bocca i sepolcri: a' venti a' nembi al sole
    piangono rese anch'esse de' beati
    màrtiri l'ossa.
    E quel che avanza il Vínilo barbuto,
    ridiscendendo da i castelli immuni,
    sparte —reliquie, cenere, deserto —
    con l'alabarda. 
    Schiavi percossi e dispogliati, a voi
    oggi la chiesa, patria, casa, tomba,
    unica avanza : qui dimenticate,
    qui non vedete.
    E qui percossi e dispogliati anch'essi 
    i percussori e spogliatori un giorno
    vengano. Come ne la spumeggiante
    vendemmia il tino
    ferve, e de' colli italici la bianca
    uva e la nera calpestata e franta 
    sé disfacendo il forte e redolente
    vino matura;
    qui, nel conspetto a Dio vendicatore
    e perdonante, vincitori e vinti,
    quei che al Signor pacificò, pregando,
    Teodolinda,
    quei che Gregorio invidïava a' servi
    ceppi tonando nel tuo verbo, o Roma,
    memore forza e amor novo spiranti
    fanno il Comune. 
    Salve, affacciata al tuo balcon di poggi
    tra Bertinoro alto ridente e il dolce
    pian cui sovrasta fino al mar Cesena 
    donna di prodi,
    salve, chiesetta del mio canto! A questa
    madre vegliarda, o tu rinnovellata
    itala gente da le molte vite,
    rendi la voce
    de la preghiera: la campana squilli
    ammonitrice : il campanil risorto
    canti di clivo in clivo a la campagna
    Ave Maria.
    Ave Maria! Quando su l'aure corre
    I'umil saluto, i piccioli mortali
    scovrono il capo, curvano la fronte
    Dante ed Aroldo.
    Una di flauti lenta melodia 
    passa invisibil fra la terra e il cielo:
    spiriti forse che furon, che sono
    e che saranno?
    Un oblio lene de la faticosa
    vita, un pensoso sospirar quïete,
    una soave volontà di pianto
    I'anime invade.
    Taccion le fiere e gli uomini e le cose,
    roseo 'I tramonto ne l'azzurro sfuma,
    mormoran gli alti vertici ondeggianti
    Ave Maria.

    Luglio 1897

pensieri miei · ^-^

buon sabato

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Un bel caffè é quello che ci vuole…Sono molto incaz….. alla fine della settimana che sono rientrata al lavoro mi hanno rubato il cellulare da dentro il cassetto della scrivania , la mia collega era già uscita, io dovevo attendere un’altra mezz’ora, quindi ero sola, con 5 allievi dentro al conservatorio, mi sono allontanata un momento e quando sono tornata il telefono era sparito….pensando anche che forse lo avevo appoggiato da qualche altra parte ho provato a chiamare……ma era non raggiungibile

Io non lo spengo mai ed era al 70% di batteria, ovvio che qualcuno se l’è portato via ed ha avuto pure l’accortezza di spegnerlo